Scamacca: «Sono certo che Donnarumma abbia amato il Milan»
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Scamacca: «Sono certo che Donnarumma abbia amato il Milan»

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Gianluca Scamacca, attaccante del Sassuolo, si è raccontato in una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport: le sue parole

L’attaccante del Sassuolo Gianluca Scamacca ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport. Ecco cosa ha detto:

PREDESTINATO – «Ma a me questa definizione non è mai piaciuta. Dà l’idea di chi le cose le ha ottenute per grazia ricevuta e io invece me le sono sudate tutte, con il lavoro, la costanza, il sacrificio, le scelte anche difficili. Sono nato in un quartiere popolare, Fidene. Per me non è mai stato semplice, glielo assicuro».

ASPETTATIVE – «Sì, ma non mi pesa. Anzi, mi stimola. La scorsa stagione mi è servita per conoscere il campionato di A e capire cosa significa giocare contro calciatori importanti. Le pressioni non mi spaventano. Voglio crescere e mostrare le mie qualità».

ATTACCANTE MODERNO – «Nel calcio di oggi un attaccante non può essere solo il finalizzatore di un’azione, deve anche saper legare il gioco, tornare indietro, pressare. L’istinto del gol è fondamentale ma bisogna essere più completi rispetto al passato. So di avere delle potenzialità importanti, ma non sono il tipo che si culla su quelle, io cerco costantemente di alzare l’asticella. Non guardo quello che ho fatto fino ad oggi, ma quello che posso fare domani. Lavoro, dedizione, umiltà: sono le tre cose che metto ogni giorno in allenamento per migliorarmi e coronare i miei sogni».

BAD BOY – «Per un periodo mi hanno appiccicato addosso questa etichetta e non so perché. Ma a me
sinceramente non è mai fregato molto di certi giudizi di chi neanche ti conosce. So chi sono e soprattutto lo sanno le persone con cui mi sono rapportato ogni giorno in questi anni: i miei
compagni di squadra, i miei allenatori, i miei dirigenti. Chiedete pure a loro come è Gianluca. Vi risponderanno e vi assicuro che non pago nessuno perché parli bene di me…».

ASPETTO RUDE – «Ma io sono un ragazzo semplicissimo. Mi piacciono i tatuaggi è vero, che problema c’è? Non penso sia giusto giudicare un libro solo dalla copertina… La gente punta il dito in modo superficiale, io ho le spalle larghe e me ne frego, ma c’è chi invece ci soffre e non è giusto. Non sono un bad boy, mai stato, ma in campo mi piace farmi rispettare, quello sì. E non lo considero un difetto: se vuoi arrivare a livelli importanti serve personalità. La metto sia quando devo rischiare una giocata, difendere un compagno o restituire un colpo ricevuto. In campo oltre alla tecnica
devi avere gli attributi, altrimenti se capiti in mezzo a due come Bonucci e Chiellini la palla non la vedi mai».

SPAZIO AI GIOVANI – «Sì, l’ho sempre detto. Spesso le società investono sui giovani stranieri, ma l’erba del vicino non è sempre più verde. Abbiamo tanti talenti, ma bisogna dar loro fiducia, aiutarli. E’ ovvio che un ragazzo possa sbagliare, ma è lì che devi insistere e dargli un’altra occasione, saperlo aspettare. A noi questa cultura manca, anche per questo io a 16 anni sono andato via».

BANDIERE CHE NON ESISTONO – «Inevitabile direi. Il calcio è cambiato: i Totti, i De Rossi e i Del Piero non ci saranno più. Ma chi cambia squadra non vuol dire che non sia stato attaccato alla maglia o non l’abbia amata. Io sono certo che Donnarumma abbia amato il Milan e Lukaku si sia sentito un re all’Inter: andar via non significa necessariamente tradire. La carriera è breve e il nostro è anche un lavoro. Chiunque vuole vincere cose importanti, conquistare trofei o riconoscimenti, guadagnare.
Avere delle ambizioni non è peccato, anzi. Tutti giudicano sempre i calciatori, ma le società non sono più quelle di un tempo: non esistono più i presidenti innamorati come Sensi, Moratti o Berlusconi. Oggi i club sono aziende, spesso di proprietà straniere o di Fondi, per i quali il giocatore è un asset. Se non servi più o hai una difficoltà, ti lasciano per strada, arrivederci e grazie, senza farsi scrupoli. E il giocatore agisce anche di conseguenza e guarda i suoi interessi. Sin da quando sono ragazzino
mi sono sempre detto: ragiona sulle cose che vuoi fare, ma poi falle senza stare a pensare troppo a chi ti giudicherà. Oggi nell’era dei social l’insulto è libero. Per qualcuno sarai sempre un traditore, un coglione, un mercenario… Prima ti abitui a gestire queste cose e dunque le emozioni che ti suscitano e prima acquisti luciditàe freddezza per fare le scelte migliori. Tanto quelli che ti criticano se fossero al tuo posto probabilmente farebbero le stesse scelte tue…».

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