Scamacca: «Ibra? Stimola la mia voglia di emulazione e ci riuscirò»
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Scamacca: «Ibra? Stimola la mia voglia di emulazione e ci riuscirò»

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Scamacca confessa: «Le aspettative se le sono create gli altri. Le mie sono più alte rispetto a quelle di fare dieci gol col Genoa»

Gianluca Scamacca ha concesso un’intervista a Sportweek in cui parla del suo presente al Genoa, del suo idolo Zlatan Ibrahimovic e delle aspettative sul suo conto. Le sue parole.

CATTIVO – «Mi chiamano così per il mio aspetto. Però è vero che in campo mi trasformo. Per arrivare al risultato sono disposto a tutto: da una corsa in più al picchiare, tra virgolette, l’avversario».

IBRA – «Per me è un’icona. Vederlo fare certe cose alla sua età, forse con più determinazione di prima, il suo caricarsi la squadra sulle spalle mi affascina e stimola tantissimo. Penso: se lo fa lui, perché non posso farlo io?».

QUALITÀ – «Di Ibra vorrei la spavalderia, di Lukaku la velocità, di Haaland la mentalità, diCR7 la costanza, di Suarez la rabbia».

FUTURO IN UNA BIG? – «Io ho iniziato a giocare con costanza dall’anno scorso. Quando scendi poco in campo non prendi il ritmo, non ti senti dentro al gruppo. È brutto. Un giovane deve giocare il più possibile, rubando i segreti a chi gli sta vicino. Poi è chiaro che se fai il vice di un campione che però a 38 anni non può giocarle tutte, il discorso cambia…».

ASPETTATIVE – «Le aspettative se le sono create gli altri. Le mie sono più alte rispetto a quelle di fare dieci gol col Genoa. Io so quali passaggi devo fare per arrivare ai miei veri obiettivi. Quest’anno voglio salvare il Genoa, lasciare un segno, anche se non è detto che vada via. Ma per arrivare dove voglio devo lavorare e non ascoltare gli altri. Tanto, gli altri si fanno sentire finché vai bene; quando le cose girano male, perdono il telefono o lo buttano in acqua».

INFANZIA – «Ho iniziato con laLazio, poi laRoma, col centro sportivo lontano un’ora da dove abitavo. Tornavo dall’allenamento alle otto, chiamavo gli amici di sempre e ricominciavo a giocare con loro, per strada, che era già buio. Non è stata un’infanzia semplice, ma mi ha aiutato tanto». In che modo? «In un quartiere come il mio ti ritrovi in mezzo a persone più grandi e diversissime tra loro. È una borgata e se non stai attento, se non ragioni con la tua testa, diventa difficile non finire dentro a certi giri. Devi imparare in fretta a distinguere il giusto dallo sbagliato».

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