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2014

La verità su Andrea Pirlo

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“Stessa storia, stesso posto, stesso bar…” così cantavano gli 883 nel lontano 1996 e ad oggi nessuna frase più si addice alla questione Pirlo. Nell’intervista rilasciata a Sky nel post partita di Juventus-Palermo, per l’ennesima volta, è tornata d’attualità la querelle sull’ex centrocampista del Milan. Parole forti quelle pronunciate dall’allenatore bianconero Max Allegri che, per la prima volta, sembra voler scaricare le colpe: ” Quando lascio Andrea fuori, mi si rinfaccia di essere stato il suo boia quando era al Milan e di aver scelto da solo la sua cessione. La verità è che la colpa va sempre data a qualcuno ed io me la sono addossata”. Un match infinito a “scarico barile” che non sembra trovare fine, nessuno vuole addossarsi la responsabilità di aver lasciato andare uno dei migliori registi del panorama mondiale dell’ultimo decennio alla Juventus. E soprattutto, a parametro zero. Ma, in particolare in questo caso, è inutile trovare un colpevole poiché non esiste. Non è Galliani, non è Allegri, non è Pirlo. Facciamo un passo indietro.

 

Anno 2009/10: E’ la stagione del 4-2-4 fantasia di Leonardo, di Alexandre Pato, del prestito di Beckham, dei tanti goal fatti e dei tanti subiti. E’ la stagione in cui dagli spalti si osannavano le giocate di Ronaldinho ma anche quella dei primi fischi a Gattuso, Pirlo, Zambrotta, Jankulovsky e Ambrosini che sembravano aver fatto il loro tempo. Ed è proprio sul centrocampista bresciano che si ebbe il maggior accanimento. I tifosi non erano più disposti a vedere passeggiare il giocatore in cambio di qualche bella giocata.

 

Anno 2010/11: Massimiliano Allegri s’insedia sulla panchina rossonera, rivoluziona l’ambiente e si trova una squadra che ha fame di vittorie. Dentro Ibrahimovic, Cassano, Robinho, Boateng e Van Bommel. È la stagione del centrocampo roccioso, dinamico e del focalizzare il gioco sull’attaccante svedese che, nel bene o nel male, risolve la partite. I tifosi vedono in Allegri il messia, l’allenatore che ha avuto il coraggio di lasciare in panchina i vari Oddo, Ambrosini, Pirlo e di far fuori l’ormai quasi ex giocatore Ronaldinho (che aveva smesso di correre dopo l’addio di Leonardo). A fine stagione arriva il tricolore, il Milan conquista il diciottesimo scudetto e il centrocampista bresciano, ormai fuori dal progetto, lascia Milanello. Nella sua ultima stagione con la maglia rossonera ottiene 17 presenze (di cui la maggior parte entrando in campo a partita in corso) e tanti fischi.

 

Anno 2011/12: Andrea Pirlo, dopo uno sfrenato corteggiamento, firma per la Juventus. Una nuova sfida, una nuova piazza, nuove emozioni. Rischia la sua carriera, i bianconeri, infatti, arrivavano da un settimo posto e l’allora neo allenatore Antonio Conte era un signor nessuno. Ma, come sempre, a fare la differenza, sono le MOTIVAZIONI. Da quel momento, per tre stagioni, grazie anche al carisma e alla grinta dell’attuale CT della nazionale italiana, ritorna a conquistare lo scettro di miglior regista della serie A. E c’è di più. Correndo come mai aveva fatto nelle stagioni precedenti, aiuta la Juventus a vincere tre campionati di fila.

 

Dalla rinascita di Pirlo ad oggi: Come i vecchi detti insegnano, ti accorgi del valore delle cose dopo averle perse e vedendo le prestazioni negli ultimi anni di Andrea, i tifosi, hanno scaricato la colpa su Allegri ed Adriano Galliani. Con il senno di poi, sarebbe servito come il pane un centrocampista tecnico fra i vari incontristi ed ovviamente,a risentirne, è stato il gioco.

 

Ormai da parecchio tempo, è in corso un match infinito di ping-pong e al posto della pallina c’è la responsabilità che nessuno vuole prendersi. Ma, come scritto pocanzi, la colpa non è di nessuno. Seppur si possa leggere sull’autobiografia del centrocampista, “Andrea, il nostro allenatore Allegri pensa che se resti non potrai più giocare davanti alla difesa. Per te avrebbe pensato a un altro ruolo: sempre a centrocampo, ma sulla parte sinistra”, non possiamo dimenticare che, ormai da qualche stagione, le sue prestazioni non erano più all’altezza della sua fama e nel frattempo, era in atto una fase di tagli di stipendi (e il giocatore percepiva, in base agli obiettivi raggiunti, un netto che oscillava fra i 5 ed i 7 milioni all’anno). Certe volte però, la risoluzione del problema, è molto più semplice di quella che sembra e questa prende il nome di “FATTORE UMANO”. La domanda da porsi quindi non è chi è il colpevole, ma, se Pirlo fosse rimasto, avrebbe fatto così bene?

 

 

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