Seedorf: «Derby, Milan, Inter e la mia conoscenza. Ecco cosa dico»
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Seedorf: «Derby, Milan, Inter e la mia conoscenza calcistica. Ecco cosa vi dico»

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Clarence Seedorf, intervistato alla Gazzetta dello Sport, ha parlato di derby ma anche di tematiche più ampie e generiche. Le sue parole

Clarence Seedorf, intervistato alla Gazzetta dello Sport, ha parlato di derby ma anche di tematiche più ampie e generiche. Le sue parole.

I favoriti del derby –  «In questa Serie A vedo equilibrio, le grandi squadre sono vicine più che mai. Il Milan impone il suo gioco e difende 15-20 metri più su. E’ un atteggiamento che dovrebbe adottare anche in Europa. All’Inter manca l’istinto killer, deve imparare a chiudere più in fretta le partite. Sette punti di distacco sono tanti, ma chi insegue ha sempre una motivazione in più per accorciare le distanze dalla vetta».

Impressioni sul Milan con il Porto – «Deve convincersi a pieno della propria forza, ma ci sono tanti giovani alla prima esperienza importante che vanno lasciati crescere. Hanno giocatori veloci come Leao ma non basta per giocare sulle ripartenze, in Champions l’avversario ti viene subito addosso. Se resti così “basso” dovresti difendere alla perfezione. Hanno un recupero palla veloce, in possesso sanno cosa fare e Pioli mi
piace: in Europa serve essere più precisi e un approccio simile a quello che hanno in campionato. Se riesce a farlo il Salisburgo, perché non deve farlo il Milan?».

Differenza tra il Milan in A e in Champions –  «In Italia ha una leadership stabile e consolidata. Si vede la sua voglia di comandare il gioco, anche se può essere esasperata ancora di più. Di nuovo, dipende da dove scegli di difendere: è un messaggio che lanci anche all’avversario. Rispetto alla Champions cambia la qualità: se in Europa sbagli qualcosa dietro, ti colpiscono sicuro, in campionato magari no. Si deciderà tutto a marzo-aprile, fin lì il Milan può impegnarsi a rafforzare una mentalità vincente».

Sul vantaggio da scudetto – «No, ma deve assolutamente ambire al titolo. Dalla sua ha anche storia, tradizione, una maglia pesante per chi l’affronta, San Siro. Sono insieme da anni, è il momento per puntare allo scudetto e competere in Champions, dove deve provarci fino alla fine».

Se è stato sorpreso da Maldini dirigente – «No perché quello che io posso dire da esterno, Paolo lo ripeterà tutti i giorni all’interno. Nessuno meglio di lui conosce il club e cosa manca per un prossimo step: è una fortuna per il Milan che ci sia. Ha portato solidità e chiarezza, adeguerà la sua strategia in base alle necessità ma identità, filosofia e ambizioni alla base non cambieranno».

Su Ibrahimovic –  «Nemmeno, perché si è sempre preso grande cura di sé. Al Milan in tanti hanno giocato così a lungo, Paolo, Cafu e Costacurta. Determinante è che intorno ci sia una struttura capace di esaltarne le qualità».

Su Kessié –  «Ha il diritto di chiedere tutti i soldi che vuole, come il club ha il diritto di non accettare e mantenere la sua linea di equilibrio. Io
credo che dovrebbe mettere al primo posto la carriera, poi cercare di ottenere il meglio anche da un punto di vista economico. Amo troppo lo sport per non dare senso alla professione, perché sia più lunga e più vincente possibile. Kessie ha fatto molto bene al Milan ma nel girone di Champions sono ultimi e non mi pare sia stato decisivo per vincere lo scudetto. Oggi ci sono pochi giocatori insostituibili. Credo che Kessie sia importante per il Milan e farebbe bene a valorizzare l’aspetto tecnico per la sua carriera prima dei soldi. Come club non puoi fare tanto, e allora lo lasci andare e prendi un altro: mi auguro sia ridotta l’influenza degli agenti ma anche che alla fine lui scelga con criterio».

Sull’Inter – «Ha tempo per rientrare in corsa. Mi fa piacere vedere Dzeko a questo livello, si è integrato perfettamente e ha cancellato le preoccupazioni del post Lukaku. Deve competere per il primo posto, ha tanti giocatori forti e già affermati, in questo senso anche più del Milan. Per questo li vorrei più decisi nel far male all’avversario, troppe volte li vedo gestire un solo gol di vantaggio. Inzaghi è bravo e la sua Lazio costruiva tantissime occasioni da gol, potrà farlo anche l’Inter. Ma come ha dimostrato a Roma, gli serve tempo per trasmettere le sue idee. Qui ha giocatori ancora più forti. Lui dovrà solo saper reggere le pressioni: là era a casa sua, Milano è un’altra cosa, è fuori dalla sua zona di confort».

Tonali o Barella – «Più avanti il secondo al momento. E’ maturo, per diventare un giocatore di prima fascia a livello internazionale deve solo fare un ultimo passo: approcciare tutte le partite da protagonista, da leader riconosciuto.Quando avrà anche questa continuità sarà completo. Tonali vada avanti così, con questa ambizione: è nell’età in cui i più forti iniziano a fare la differenza. Se lo farà già ora, a 21 anni,potrà ambire a diventare un top».

I ritorni in A di Allegri, Sarri, Mourinho, Spalletti – «Sarri ha fatto benissimo a Empoli e Napoli, se qualcuno ha portato un po’ di aria fresca è lui. Per la prima volta Mourinho ha preso una squadra che non è sempre stata ai vertici, è una scelta da rispettare e gli va dato tempo: se lo ha fatto è perché ha le motivazioni giuste».

Sul proprio ritorno in panchina – «Sono sempre aperto e disponibile a progetti interessanti, dove c’è la volontà di costruire. Sono felice di quanto fatto finora: sentori. E’ la parte che preferisco: creare rapporti che resistono a tutto, specialmente con i giocatori. In Italia, nonostante abbia fatto risultati con il Milan e dopo quasi vent’anni di lavoro qui, non sono stato preso in considerazione da altre squadre. Ma magari ha a che fare con altri discorsi. Un giorno tornerei volentieri,in un progetto serio. Non devo stare nel calcio per forza come allenatore, in qualsiasi ruolo il mio obiettivo è riuscire a portare valore».

Sul possibile ruolo da dirigente – «Ho fatto esperienze a tutti i livelli, comprese Uefa e Fifa. Conosco come funziona il calcio, dalla base all’elite. Sono già consulente per alcune società e continuo a coltivare i miei interessi: ho lanciato «Seedorf Khabib Performance Club» assieme a Khabib Nurmagomedov, sono un coach certificato di programmazione neurolinguistica, collaboro con una società che si occupa di intelligenza artificiale e data analytics nello sport e seguo la Champions con Prime: mi piace comunicare, offrire un punto di vista più profondo, interpretando il pensiero di chi è in campo per portarlo nella casa delle persone».

Sul problema del razzismo – «Radicali. La tecnologia viene in aiuto per poter rintracciare subito i colpevoli e allontanarli per sempre dagli stadi. Le leggi devono fare il resto e in fretta. Serve una coscienza sociale per cui tutti si sentano responsabili, anche nell’individuazione dei colpevoli, il razzismo è un problema di tutti, non solo di chi lo subisce e di chi lo compie. Se l’Inghilterra ha risolto il problema degli hooligans si può fare tutto, basta volerlo».

Sulle tematiche ambientali (Seedorf è membro del Comitato scientifico per la protezione dell’Amazzonia) – «Tutti possiamo fare qualcosa. Servirebbero altre leggi ad hoc e se non vengono fatte è nell’interesse delle grandi aziende, responsabili principali della situazione attuale. Cerco di supportare cause che ritengo giuste: gli appelli degli scienziati vanno ascoltati, quello che si temeva si è verificato prima del previsto. Dobbiamo guardare alle prossime generazioni. Vanno ricreate sensibilità e cultura, anche in chi ha ruoli dirigenziali e di potere, perché spesso si fatica a vedere un po’ più in là…»

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