Ibrahimovic:«Sono un Ibra diverso. Ecco cosa metterei a casa mia»
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Ibrahimovic:«Sono un Ibra diverso. Ecco cosa metterei a casa mia»

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Zlatan Ibrahimovic, intervenuto ai microfoni di Milan TV, ha parlato in occasione del suo compleanno. Ecco che cosa ha detto la punta 40enne

Zlatan Ibrahimovic, intervenuto ai microfoni di Milan TV, ha parlato in occasione del suo compleanno. Ecco che cosa ha detto la punta 40enne:

Chi è Zlatan a 40 anniOggi è un Ibrahimovic completo, calmo, ogni tanto vecchio, tanta esperienza e un approccio differente. Ho un altro ruolo adesso, in campo e fuori. Godo di più ora, perché faccio le cose con più calma».

Il ragazzo del ghettoSono io, la mia frase è vera mi rappresenta. Sono cresciuto in quella zona che per me era il paradiso. Io penso da ragazzo di ghetto e sono questo. In casa mia in Svezia appenderei altre foto dei miei piedi perché è sempre grazie a loro se sono arrivato qui».

Gli auguri di Pato e chi gli ha dato gli stimoli maggioriOgni volta che dicono che sono vecchio mi stimolano, perché devo dimostrare che non lo sono nel calcio. Pato? Calciatore fantastico. Mi dispiace che non ha avuto continuità per via degli infortuni ma lui al top era un grande talento, abbiamo vinto lo scudetto. Ho giocato con i migliori giocatori del mondo, ma quello che mi ha fatto diventare più forte era Vieira perché da me voleva sempre di più e mi dava l’esempio. Dal punto di vista della qualità individuale ho giocato con tantissimi nomi che mi hanno dato molto».

Il suo infortunio a ManchesterIl mio infortunio mi ha dato una forza mentale migliore. Non hai adrenalina perché non sei in campo, ti alleni in modo più lento, più triste e devi avere pazienza perché devi controllare i nervi e le emozioni».

La sua esperienza in America:«Di americano in me non c’è nulla, zero. Sono me stesso dal primo giorno. In USA ho dato più io a loro che viceversa perché hanno visto qualcosa che non erano mai abituati a vedere. Hanno trovato uno con la personalità di essere perfetto con sé stesso e non in maniera finta come fanno alcuni di loro. Dell’America mi manca il Sole, ma anche Milano me lo dà quindi non c’è problema».

Sul suo modo di giocare: «Ogni giocatore cambia in base alla sua età. Non posso giocare come cinque anni fa o dieci. Le esperienze ti cambiano e ti rendono maturo. Gioco per aiutare la squadra e farlo nel miglior modo possibile. Non esagero e non faccio cose in più. Devo avere l’equilibrio di fare il giusto. Non voglio essere trattato in modo differente, io devo essere un esempio: se io faccio al massimo i miei compagni devono fare così. Questa è la mia mentalità non c’è niente da fare».

Sul suo stile: « Io metto i vestiti con cui sto bene. L’opinione degli altri non mi interessa, poi c’è gente permalosa».

Su Djokovic: «Prima di tutto è una testa balcana: quando esplodi fai bene, quando ti arrabbi dai il meglio possibile. Sei più concentrato, più attento. Quando gioca Nole e si arrabbia fa uscire il suo massimo, e così mi sento vivo. E’ un atleta completo. La testa, con poca esperienza, non c’è. Con l’esperienza la mentalità cresce. Nole è come me».

Sulla compagna: «Quando ho conosciuto Helena ho deciso di venire in Italia ed è venuta con me. Prima di lei ero più rock ‘n roll, poi quando sono nati i miei bimbi in casa c’era meno calcio, però mi distaccavo e mi rilassavo con loro. E’ bello vedere, da quando sono nati ad oggi, come stanno crescendo. Sto provando a farli diventare indipendenti».

Sui figli: «Tutti sono diversi, ognuno ha la propria personalità. Il piccolo ha meno paziena, come me, mentre il più grande ha il mio stesso fisico. Loro hanno la mia stessa fiducia e pensano di essere più forti di me. Quando siamo in competizione devo vincere, ed è uguale per loro».

Su Capello: «E’ l’allenatore che mi ha cambiato totalmente. Capello mi ha cambiato nel modo di giocare e nella mentalità: aveva un’altra filosofia, mi alzava e mi massacrava. Non riuscivo a capire cosa volesse da me. Un giorno mi diceva che fossi il numero uno, poi ilgiorno dopo ero un disastro. Volevo dimostrare di essere il migliore alla Juve e lui giocava con la mia testa. Mi ha dato tanta responsabilità e mi ha fatto diventare quello che sono oggi. In quell’epoca per me era come alla Playstation, c’erano troppi grandi nomi. Il rispetto lo prendo, non lo chiedo».

Sull’arrivo a Milanello nel 2010: «Non mi aspettavo niente di extra, era tutto normale. Tornare in Italia dopo il Barcellona è stato bello. Al Milan era un altro modo di fare le cose e questo cresceva dentro di me, mi facevano sentire a casa. Arrivi a Milanello e non hai fretta di andare a casa perché sei già a casa. Ti danno tutto per farti stare bene».

Sui compagni giovani: «Stanno bene, hanno grande voglia, sono tutti disponibili e hanno voglia di fare di più. In campo si comportano diversamente, c’è più fiducia. Mi dispiace di non riuscire a giocare, ma quando ci sono faccio paura».

Su Maldini: «Ho un bel rapporto con tutti, sono qua per aiutare e dare il più possibile. Ho una filosofia che voglio dare e se posso aiuto anche la dirigenza, aiuto in tutte le zone. Con Paolo ho un grande rapporto. Ora fa il dirigente e sta crescendo molto, ha fatto un grande lavoro. Non è uno che si nasconde, si fa vedere anche nelle relazioni con i giocatori. Parla con tutti e ogni giorno è agli allenamenti. Questo approccio è molto importante. Quando arrivano giocatori da tutto il mondo c’è la pressione di fare bene e portare risultati serve una figura come la sua. Anche Massara è bravo. Per Ivan mi dispiace, è molto disponibile. Quando si vince siamo ‘Uno’, quando si perde siamo ‘Uno’. Tutti hanno un ruolo importante».

Sul futuro: «Prima devo giocare, poi pensiamo al secondo step. Ora voglio giocare il più possibile, non voglio lamentarmi un giorno di voler giocare ancora. Non mi sento di dire che sono arrivato a questo step, io mi sento ancora il più forte di tutti, posso portare risultati e soddisfare i tifosi. Lo step 2 dipenderà dalla disponibilità dal club. Ora il progetto è differente, ma io sono qua da un e mezzo e abbiamo creato una cosa importante e differente rispetto a come era abituato il Milan. E’ così, una grande sfida, ma è una bella sfida che può diventare una soddisfazione totale. Con metà stadio sembra pieno. Ora aspettiamo l’altra metà per farlo saltare di più».

Sulla musica: «Per me la musica è un mix, mettiamo musica da tutto il mondo. So ballare, ma preferisco ballare il campo in un mood differente. La musica è importante per me».

Sulla sua filosofia: «Mai essere soddisfatti. Io sto provando di portare questa mentalità ai miei figli, si può fare sempre di più. Tutto inizia in testa. Quando vinco un trofeo voglio vincerlo ancora. Spero di vincere con questa squadra così abbiamo fatto il massimo».

Sulla propria soddisfazione: «Ho voglia di fare di più. Non sono soddisfatto. Quando sarò soddisfatto dirò addio al calcio. Il calciatore deve avere fame. Se non sei soddisfatto non ti svegli con la voglia di fare di più. Le mie aspettative sono alte, sia dai miei figli sia dai figli al Milan. Voglio camminare sul fuoco per sentirmi vivo. Ogni tiro, ogni passaggio e ogni energia che passo ai miei compagni, voglio che continui il più possibile, senza limiti».

Un regalo per i tifosi: «Voglio ringraziare tutti. Ogni volta che entro mi fanno sentire importante, felice, a casa. Quando torno faccio paura e voglio far saltare 80mila persone».

Sui propri segreti: «Non esistono segreti. Il segreto è lavorare duro e il grande lavoro ti paga. Nel nostro mondo bisogna allenarsi. Il segreto è nei miei capelli, come Sansone».

 

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