Fusetti: «Essere professionista è un sogno. Il mio idolo Puyol»
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Fusetti: «Dire di essere professionista è un sogno. Il mio idolo è Puyol, sul rapporto con la squadra…»

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Fusetti: «Dire di essere professionista è un sogno. Il mio idolo è Puyol, sul rapporto con la squadra…». Le parole della calciatrice

La calciatrice del Milan femminile Fusetti ha parlato all’evento “Tutti i colori dello sport”. Ecco tutte le parole riprese dalla nostra redazione.

RIPENSAMENTI SUL CALCIO – «Io mi ricordo di un episodio in un periodo che non mi riusciva nulla e volevo smettere, poi mio padre mi ha comprato le Lotto di Sheva e da lì non ho più smesso e non ho avuto più ripensamenti».

RAPPORTO CON LA SQUADRA – «Vado d’accordo con tutti, quando sei in campo sei un tutt’ uno. Ti leghi in maniera diversa a tante persone».

SLOGAN – «Ti direi non mollare mai ma sono d’accordo con Pobega preferisco i fatti».

ESSERE PROFESSIONISTA – «All’ inizio era un utopia. Per me dire di essere professionista è un sogno, giocare a calcio e dire che è un lavoro mi rende felice. Fino a quando potrò continuerò a giocare».

SUL PRIMO ANNO – «Il primo anno che ho giocato con le ragazze ho avuto un’allenatrice che mi ha insegnato tanto con educazione e rispetto. C’è un tempo e modo per dire le cose. Tutti gli allenatori che ho avuto mi hanno lasciato qualcosa».

IDOLO – «Io quando giocavo contro i maschi venivo difesa dai miei compagni, sono stata fortunata. Il calcio è per me una passione chi se ne frega del pensiero degli altri. Io guardo le partite del Barcellona. Per me Puyol era un idolo soprattutto per i suoi valori, ho sperato di assomigliargli».

SULLO SPORT – «Facendo sport impari a condividere e magari anche persone più chiuse si aprono, a livello emotivo ti aiuta. Il calcio è stato sempre la mia valvola di sfogo, ci devi mettere passione. In ogni momento non ti senti mai soli, fare sport ti aiuta».

PRIMO SPORT – «Ho iniziato giocando con mio fratello a Basket, ho fatto un torneo a Softball era carino, sciavo quando si poteva, ma mi piaceva il calcio».

NUMERO DI MAGLIA – «Io prima di venire al Milan giocavo con il sei? Io ho detto che avrei scelto il 6 o 16. Il 16 era occupato e ho avuto la fortuna che Baresi ha permesso che mettessi il mio nome sopra il numero di una maglia così storica sapevo che doveva essere onorata, la prima partita è stata a Napoli ed è stato un’ onore poi abbiamo anche vinto».

PARTITA IMPORTANTE – «Con il pareggio contro il Sassuolo che ci ha permesso di andare in Champions. La ricordo più per l’emozione che per la mia prestazione mia personale».

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