Maldini a Radio 105: «Vi racconto la mia nuova vita al Milan»
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Maldini a Radio 105: «Vi racconto la mia nuova vita al Milan»

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Paolo Maldini ha parlato della propria nuova vita da dirigente al Milan: ecco le sue parole ai microfono di Radio 105

Intervenuto ai microfoni di Radio 105, Paolo Maldini, dirigente del Milan, ha parlato del problema relativo alle convocazioni con le Nazionali: «Devo dire che è la settimana più tranquilla, da giocatore avevo la possibilità di riposarmi e di allenarmi. Due settimane senza stress. I ragazzi? Abbiamo la squadra che è ridotta a 4/5 giocatori disponibili, ma non dirò mai di non pensare alla Nazionale. È un obiettivo per un giovane che gioca a calcio».

MILANELLO – «È un posto speciale, e resta speciale. Ho la fortuna di poter andare nei luoghi di lavoro, e uno di questi è all’aria aperta. Ci sono stato da piccolino con mio papà ed è stato il teatro di piccole cose che hanno reso grande questo club. Non è cambiato molto, lo stiamo ammodernando ora, ma sinceramente quella sensazione di calma e di pace c’è ancora».

MILAN – «Come in tutte le magie c’è un segreto, che non scopriremo mai. C’è tanto lavoro dietro e c’è un’idea di gioco e della proprietà, con una squadra economicamente sostenibile e se possibile autofinanziabile. Il Coronavirus? Non ci ha aiutato. Al di là di questo, faccio sempre le cose con la mentalità milanista: ovvero quella di dare spettacolo e gioia ai tifosi».

DIRIGENTE – «Mi porto dietro un sacco di storia e di rispetto. Ora mi devo guadagnare un altro tipo di rispetto, ma sempre attinente allo sport e al Milan. Mi appassiona. Considerare il calciatore come lavoratore è difficile. Ma anche da dirigente sei partecipe alle gioie e alle sofferenze della squadra. L’inserimento non è facile, ci vuole tempo e purtroppo viviamo in una società frenetica. Non ho mai avuto paura però di provarci».

PASSIONE PER LA MUSICA – «Ho sempre le mie radici, quella della R&B e dell’hip-hop. Ora sinceramente mi sto appassionando all’house-music. A Milanello va di moda il reggaeton. Anche in passato regnava, con i tanti sudamericani presenti in squadra».

SOPRANNOME – «Qualcuno mi chiama ‘Capitano’, qualcuno mi chiama ancora ‘Paolino’, e altri ‘Direttore’, anche se non mi ci sono ancora abituato (ride, ndr)».

L’ATTUALE STAGIONE – «I risultati sono più aperti, anche con numeri completamente diversi. L’assenza del pubblico determina sicuramente qualcosa. Alcuni dicono che siamo lì grazie all’assenza, ma sono sicuro che in questo momento ci avrebbero dato più forza. Non avere il pubblico resta comunque una cosa tremenda. Le emozioni sono collegate ai tifosi. Come, per esempio, con i 90mila di Barcellona o gli 80mila di San Siro. A me manca la tensione, che te la dà soprattutto il pubblico».

SU IBRAHIMOVIC – «Da giocatore l’ho incontrato con diverse squadre e lo marcavo da centrale. Ora, per me, è diventato più grosso, anche perché non facevo così fatica come con Adriano per spostarlo».

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