Abate: «Essere allenatore è un'esperienza incredibile, vi spiego»
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Abate: «Essere allenatore è un’esperienza incredibile, vi spiego»

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Ignazio Abate, ex terzino rossonero, ha rilasciato una lunga intervista al canale Twitch del Milan, ecco le sue parole da allenatore U16

Ignazio Abate, ex terzino rossonero, ha rilasciato una lunga intervista al canale Twitch del Milan, ecco le sue parole da allenatore U16 dei rossoneri:

Sull’essere allenatore: «Bellissimo, un’esperienza che sta andando oltre le aspettative. Non pensavo che mi potesse prendere così tanto. Lavorare con i ragazzi credo che sia la cosa più bella per iniziare, sono un libro aperto, ti danno tutto».

Sul lavorare a livello umano con loro: «Iniziano ad avere un’età importante. A 16 anni iniziano a pensare un po’ da grande e capire cosa vogliono fare nella vita. Poi ci sono i problemi quotidiani, come quando ti rapporti con i figli. Chi ha litigato con la ragazzina, chi ha preso un brutto voto a scuola, ogni giorno c’è qualcosa da scoprire».

Sullo stile di gioco: «Lo stile Milan vuole sempre un calcio di qualità, abbiamo come obiettivo il partire da dietro e giocare sempre palla a terra. Mi piace aggredire alto, mi piace un calcio d’intensità e i ragazzi mi stanno seguendo in tutto e per tutto. Rispecchia un po’ il mio carattere».

Sulla gestione del ruolo con i giovani: «Con i più giovani è più semplice. Mentalmente sei improntato verso una certa posizione, ma ad ogni livello la voglia di migliorarsi e scoprire cose nuove fa la differenza in ogni ambito. Con i ragazzi è più semplice. Ora il calcio è cambiato rispetto a 20 anni fa: se pensiamo che l’unico vero regista di una squadra era il vertice basso del centrocampo, il ruolo alla Pirlo, ora sono tutti registi, tutti giocano la palla: i terzini che vengono dentro al campo, le punte che vengono incontro e cercano di cucire il gioco. Per i ragazzi in questo momento è più semplice cambiare il ruolo perché durante la partita si trovano in varie zone del campo, diverse da dove iniziano il match».

Sul rapporto con i ragazzi: «Non mi piace parlare di me e mettere in mezzo il mio passato, credo che i ragazzi debbano avere il tempo di sbagliare e di crescere lentamente, con i tempi giusti. Solo sbagliando si cresce veramente»

Su quali consigli darebbe ad un giovane giocatore: «Sono cambiate le generazioni, non sono più le generazioni di una volta. Viviamo in un mondo dove tutto è un po’ virtuale. Si dà attenzione a tante cose futili, sono sempre sui social o con il telefono in mano, leggono notizie e sono più svegli di noi quando eravamo ragazzini ma a volte si perde un po’ il senso della realtà delle cose. Credo che in ogni lavoro e in ogni strada che si decide di intraprendere ci vuole grande ambizione e grande serietà. Soprattutto per un calciatore, dove si è sottoposti sempre a dei giudizi, perché sono in tanti che vorrebbero rubargli il posto e questa maglia, che è pesante, devono crescere in fretta e prima degli altri. A quell’età lì devi iniziare a pensare un po’ da grande. Dal punto di vista tecnico sono molto preparati, il Settore Giovanile del Milan è veramente di prima fascia. Quando arrivi a 15-16 anni devono crescere in mentalità, cattiveria e voglia di vincere, perché quando gli avversari ci incontrano ogni domenica giocano sempre la partita della vita, come succede con i grandi. Siamo imbattuti? Non farmi toccare dove sai te (ride, ndr). Al di là del risultato conta la crescita dei ragazzi, è quello la base di tutto. Portare i ragazzi in primavera o in prima squadra è il vero obiettivo del Settore Giovanile».

Su Ibrahimovic: «Me lo aspettavo prepotente? Sicuramente. Ha il veleno addosso, credo che questo sia il suo vero segreto. Vuole dimostrare tutti i giorni che è il numero uno. Lo vedo spesso. Quando è stato fuori il suo comportamento credo che sia stato d’esempio per tutti: arrivare a Milanello alle otto e mezza del mattino e andare via alle sette di sera faccia drizzare un po’ le antenne ai più giovani, che così capiscono un po’ cosa ci vuole per stare a certi livelli per tantissimi anni. Quella è la cosa più difficile, non arrivarci ma restarci in pianta stabile per tanti anni. Comporta un certo stile di vita, ambizione, cattiveria e una certa mentalità che è la mentalità Milan».

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