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Il Milan di Pioli conquista 19esimo scudetto: le chiavi del successo

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La cavalcata vincente dopo l’esonero di Giampaolo che ha portato in tre stagioni i rossoneri a vincere il Campionato di Serie A

Il Milan con la conquista del suo diciannovesimo scudetto è tornato a far esultare i propri tifosi dopo undici anni. Quando il 9 ottobre 2019 Stefano Pioli fu nominato nuovo allenatore al posto dell’esonerato Marco Giampaolo, nessuno avrebbe immaginato ciò che sarebbe accaduto tre anni dopo. Il percorso del Milan è stato costellato di imprevisti. Nelle prime 10 giornate della nuova gestione, Kessiè e compagni collezionarono 12 punti. La serie negativa si concluse con il pesante «cappotto» per 5-0 che l’Atalanta rifilò alla squadra rossonera. Quella gara poteva segnare l’inizio di una discesa agli inferi. Fu l’inizio della rinascita. Mai come in questo caso i meriti vanno equamente divisi. Maldini e Massara, insieme al dimenticato Boban (che entrò in rotta di collisione con Gazidis per confermare Pioli) hanno preso i giocatori che hanno permesso al Milan di tornare grande. Pioli ha avuto il merito di riuscire ad amalgamare una rosa che, sulla carta, non era la più forte della serie A, ma che ha lottato compatta per raggiungere il successo in campionato. Proprio quest’ultimo aspetto merita una riflessione a cura di Calciomagazine.net che sul suo giornale online fornisce notizie aggiornate e la webcronaca della partite del Milan in diretta.

La mano ferma di Pioli

Il Milan di inizio stagione si presentava ai nastri di partenza con le cessioni a zero di Donnarumma e Calhanoglu, con il turco che era andato a rinforzare i cugini del’Inter. Il nuovo portiere era lo sconosciuto Maignan. In difesa era arrivato Ballo Tourè come vice di Theo Hernandez. A centrocampo c’era stato il ritorno di Bakayoko, mentre, sulla trequarti era arrivato Messias. Infine, in attacco era stato ingaggiato il «giovincello» Giroud per dare manforte a Ibra, oltre che il giovane Pellegri. A questi acquisti si aggiungevano le conferme di Tonali (riscattato dal Brescia nonostante una prima annata sotto tono) e Diaz (reduce da una stagione da riserva). Niente faceva presagire ciò che è poi accaduto. Pioli ha avuto essenzialmente due meriti. Il primo è stato quello di responsabilizzare tutta la rosa, nessuno escluso. Il secondo quello di trovare le soluzioni ideali ogni volta che la situazioni lo hanno reso necessario. Il Milan campione d’Italia è nato così, sotto la mano ferma di Pioli che mai ha tremato anche quando, a turno, ha perso giocatori chiave come Maignan, Kjaer e Ibra. Anzi, proprio in queste situazioni è emersa la grande capacità del tecnico nel sapersi adattare alle circostanze.

Seconde linee on fire

Quando si parla di seconde linee del Milan in questa stagione vengono in mente tre nomi. Il primo è Tatarusanu. Il portiere rumeno si è trovato a sostituire Mike Maignan in un momento delicatissimo della stagione. Sei sono state le gare da titolare giocate in serie A. La prima il 16 ottobre nel successo per 3-2 contro il Verona. L’ultima il 20 novembre nella sconfitta per 4-3 contro la Fiorentina. In quest’ultima partita ha commesso un errore grave che è costato un gol. Nessuno però dimentica il fondamentale rigore parato a Lautaro nel derby del 7 novembre terminato 1-1. Senza quella parata, la storia sarebbe probabilmente cambiata.

Il secondo nome che è giusto fare è quello di Castillejo. Lo spagnolo non ha giocato tantissimo. Sono stati appena 124 i minuti in serie A. Tutti ricordano però come sia risultato decisivo nella gara contro il Verona, quando, entrato al 46′ al posto di Saelemaekers, con la squadra sotto 2-0 in casa, causò l’autogol di Gunter che valse il pareggio e si procurò il rigore trasformato da Kessiè per il definitivo 3-2. Pur essendo ai margini della rosa, Castillejo non ne è mai stato escluso. La gara con gli scaligeri è stato il suo momento di gloria e ha permesso al Milan di superare un altro scoglio verso il titolo. 

Infine, va ricordato l’apporto di Krunic. Il Milan per gran parte della stagione ha giocaro «monco» sulla trequarti. Brahim Diaz, infatti, era partito benissimo, ma, dopo il Covid, è apparso irriconoscibile. Questa mancanza sulla trequarti poteva penalizzare il Milan oltremodo. Pioli è stato bravo a lanciare Krunic in un momento delicato della stagione. Il bosniaco nelle ultime tre gare, quelle decisive per la conquista del titolo, si è messo al servizio della squadra, contribuendo a suo modo al successo finale. 

L’intelligenza di Pioli

Il capolavoro tattico Pioli lo ha compiuto senza dubbio con Pierre Kalulu. Il francese era arrivato a Milanello lo scorso anno per una cifra irrisoria dal Lione e nella stagione precedente aveva collezionato appena 723 minuti in serie A. In questa, vi è stata una maturazione incredibile da parte del ragazzo. Pioli lo ha inserito prima da terzino destro, poi, dal 6 gennaio, nel match contro la Roma, lo ha impostato centrale. Da quel momento Pierre è definitivamente esploso, andando a formare con Tomori una coppia difensiva impressionante per forza fisica e senso dell’anticipo. Per lui parlare di «seconda linea» è ormai riduttivo, visto che per il Milan si è rivelato fondamentale. Eppure, nessuno a inizio stagione avrebbe puntato su di lui. La sua maturazione è un altro meito di Pioli.

Una volta che Pioli si è ritrovato «orfano» di Diaz a causa delle prestazioni sotto tono dello spagnolo, ha avuto l’intelligenza di non rimanere vittima di un modulo, come successo, ad esempio, all’Inter di Inzaghi. Il 4-2-3-1 iniziale, infatti, si è trasformato in un 4-3-3 mobile, con inserimento di Bennacer prima e Krunic poi. In questo modulo, a seconda dell’avversario o dell’andamento della gara, uno tra Kessiè e Tonali saliva a ricoprire il ruolo di trequartista, mandando in tilt le difese avversarie. In questo modo, quello che poteva essere un handicap, si è trasformato in un’opportunità. 

Infine, tra i meriti tattici di Pioli vi è senza dubbio quello di aver costruito un «abito su misura» a Tonali e Leao. Prima di questa stagione, l’italiano e il portoghese erano considerati dei talenti inespressi. Il grande merito di Pioli è stato quello di saperli aspettare e di catechizzarli. Tonali e Leao ci hanno messo senza dubbio del loro prendendo coscienza dei loro mezzi. Il tecnico, però, li ha messi nelle condizioni migliori di rendere, assecondandone l’estro e bacchettandoli quando era necessario. La fascia sinistra formata da Hernandez e Leao si è rivelata devastante per il Milan mentre Tonali ha dato maggior ordine e qualità alla mediama. 

Ci sono tanti modi per vincere e Pioli si può dire che ne abbia sperimentati tutti. Il suo Milan ricalca la sintesi perfetta del gioco del calcio, ovvero una squadra in cui tutta la rosa, dal primo all’ultimo, lotta in modo compatto per un obiettivo. Questo è stato senza dubbio il successo principale di Pioli.

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