Shevchenko: «In futuro allenerò un club di livello internazionale»
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Shevchenko: «In futuro allenerò un club di livello internazionale»

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Andry Shevchenko ha rilasciato una lunga dichiarazione. Tanti i temi trattati, tra tutti il Milan di Stefano Pioli e…

Andry Shevchenko, ex attaccante storico del Milan ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni de La Repubblica, ecco le sue parole:

Sulla sua figura uguale alla Champions League: «L’identificazione è giusta. La mia unica possibilità di farmi vedere fuori dall’Ucraina era la Coppa. E siccome con Lobanovskyi la Dynamo Kiev faceva ottimi risultati e io ero al centro di quel progetto, Braida e Galliani sono venuti a vedermi. Per questo poi ho avuto la possibilità di finire al Milan».

Sulla Superlega: «Che così si distrugge il calcio, la tradizione. La formula che hanno inventato non l’ho capita. Negli Usa il modello di business è anche migliore di quelli europei. Però ci sono dei principi base: la squadra peggiore sceglie il migliore giocatore e poi non è vero che non giocano per il successo. Il calcio ha bisogno di spettacolo e lo spettacolo di soldi. Ma come ha detto Guardiola, non ha senso creare un torneo in cui rimani sempre. È un progetto presentato malissimo, distruggerebbe Paesi come il mio e tanti altri in cui sono nati grandi talenti. E sarebbe un danno verso la cultura del calcio. Il modello della Champions è stato modificato nel tempo, ma dà a tutti la possibilità di partecipare».

Sul primo gol in Champions: «Se è per questo, a 15 anni con la Dynamo giocai un torneo giovanile vicino a Milano. Visitammo San Siro e pensai: io qui ci tornerò».

Sul rigore decisivo contro la Juventus: «Il mio manifesto, la mia pi grande vittoria. La cosa pi difficile è non cambiare idea nei 50 metri dalla metà campo al dischetto».

Sul pallone d’oro di quest’anno: «Mbappé. È troppo pi forte. È imprendibile, a sinistra, a destra e in area, fiuta gli spazi. Ha rapidità, dinamismo, attira l’avversario, ha la scintilla, è elegante. E migliorerà, ha sentito presto l’inno della Champions».

Sulla musica: «A me piace la musica. A un artista, a un cantante, spesso piace il calcio. E questo scambio, per me, è cultura».

Sul cognome del poeta Taras: «Cognome impegnativo. Alla mia patria io sento di appartenere, con tutta la mia anima».

Sulla politica: «Ma non era cosa mia. Io appartengo al calcio, la politica non è per me. Saranno sempre più centrali. Come Boban, fondamentale prima alla Fifa e adesso all’Uefa».

Su Boban e il Var: «Giustissimo e non lo dico perché è un amico fraterno. A me piacciono precisione e giustizia: prima rimaneva il dubbio. Poi qualcosa si può aggiustare. Per esempio il fuorigioco. Per me si deve basare sul baricentro del calciatore, dal ginocchio al petto. Lasciamo stare i piedi: è fuorigioco se il baricentro è in fuorigioco, altrimenti no».

Su altri sport: «Facevo tennis, nuoto, sci, ginnastica nelle palestre all’aperto che a Kiev abbondano. Amo la competizione. Dai 10 anni giocavo tanto a hockey, feci qualche provino. Ma per fortuna si giocava solo 3 mesi d’inverno, invece il calcio tutto l’anno».

Sulla criminalità, droga e armi: «Nell’Urss, da bambino, crescevi tranquillo: dopo Cernobyl ci mandarono sul mar Nero, facevamo scuola e sport. Però il muro non è caduto di colpo. Quando un Paese va a pezzi, la prima cosa è la criminalità. Andavo all’Accademia della Dynamo, un’ora e mezza cambiando metro, e mi poteva succedere di tutto. Mi ha salvato la fame di successo attraverso qualcosa di pulito. Amavo il calcio di un amore smisurato».

Sulla famiglia: «Io sono quello che sono per come i miei genitori hanno fatto crescere me e mia sorella. Ai miei 4 figli insegno gentilezza, cortesia, rispetto, valori».

Sul Milan di quando giocava: «Quando competi per vincere tutto, la scala in cima si restringe. Il successo del Milan nasceva dalle personalità: tanti di noi hanno avuto successo, da dirigenti, allenatori, presidenti, politici».

Sul calcio d’attacco: «Il calcio moderno deve divertire, ma con equilibrio finalizzato al risultato: giocando bene, hai pi possibilità. Non ho paura di puntare sui giovani: Shaparenko, Zabarnyi, Mykolenko. Tra quelli pi grandi ho giocatori solidi, come Malinovskyi e Zinchenko».

Sull’Europeo: «Iniziamo a passare il girone, poi vedremo se affronteremo l’Italia…».

Sull’Italia di Mancini: «Lo dissi subito: non giudicate solo dal risultato. Lavoro e potenzialità si vedevano: livello alto, intensità, qualità soprattutto a centrocampo: Verratti, Jorginho, Insigne».

Sulla favorita per la Champions: «Il Manchester City, ma ogni partita è fatta di momenti».

Sull’uscita dai radar Champions del Milan e il dialogo con Maldini: «Dieci anni fa avrei detto che era impossibile, ma tante cose sono successe, a cominciare dalla vendita di Silvio Berlusconi. Spero per i tifosi che l’assenza sia finita. Maldini? Ci sentiamo spesso. Il suo lavoro da dt è ottimo. La competitività nel calcio italiano è alta: l’Inter ha fatto la differenza anche perché la Juventus è calata. È un campionato equilibratissimo».

Sulla decrescita del calcio italiano in Europa: «Sono cicli. Certo, il peso economico della Premier League è superiore. Ma se hai meno soldi, compensi con la metodologia di lavoro, con l’esperienza. Considero la Serie A un eccezionale laboratorio».

Sul futuro: «Sì allenerò un club. Mi diverto, serve energia. Non mi chieda dove, ma vorrei un club di livello internazionale».

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