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Editoriali

Milan, quando vai bene la stampa si sciacqua la bocca

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Il Milan torna in carreggiata con i recenti risultati sportivi e ora la stampa, non per caso, smette di attaccarlo. Cerchiamo di analizzare il comportamento, a volte schizofrenico, dei giornali nostrani che troppo spesso riveste di letame ciò che fino al giorno prima, sempre a parole, imbeveva nell’oro colato.

Il giornalismo a volte viaggia su binari propri, la comunicazione e l’informazione veicolata dai mezzi stampa o televisivi si contestualizza spesso, per quanto concerne l’ambito sportivo, intorno a temi che col mondo pallonaro centrano poco o quasi nulla. La stagione del Milan, caratterizzata da un inizio disastroso, è l’esatto esempio di come tale contestuale strumentalizzazione sia legata a doppio filo ai risultati sportivi di un club: i dubbi sulla solidità societaria, sul leader acquisito Bonucci, l’assetto difensivo, la crisi del gol degli attaccanti e persino del calciomercato sembrano essersi acquietati se non addirittura spenti al termine del filotto di 4 risultati utili consecutivi (3 vittorie e un pareggio) ottenuti dai rossoneri con Gattuso in panchina. Dalla vittoria ottenuta nel derby di Coppa Italia la stampa italiana sembra aver riconosciuto che forse i “problemi” non risiedono solo in via Aldo Rossi e ha ampliato il proprio radar polemico anche su altro senza tuttavia utilizzare lo stesso metro di aggressività posto intorno al Milan quando la crisi di risultati era palese. Ora che le cose vanno bene, o iniziano ad andar bene, persino Yonghong Li e Massimiliano Mirabelli – spesso tacciati dagli organi di stampa come “pseudo-lestofanti” o “incompetenti” – tornano ad essere lavoratori esemplari e, visto che coi loro nomi i giornali non si vendono più, tornano mestamente nel dimenticatoio dell’agenda setting mediatica.

NIENTE PIÙ ATTACCHI – Ora che il Milan vince, e talvolta convince, anche la serietà del progetto milanista torna ad avere un senso: gli organi di stampa si accorgono, forse per la prima volta, che all’interno della rosa milanista risiedono calciatori dall’indiscusso valore tecnico e che ancora non hanno compiuto neanche il 21esimo o 22esimo anno di età come Donnarumma, Calabria, Cutrone o Kessié; ci si accorge dei nomi bistrattati che fino alla passata stagione, ovvero quando non vestivano l’ingombrante maglia rossonera, riempivano le prime pagine dei giornali per merito e non per gratuite polemiche come Leonardo Bonucci, Lucas Biglia e Hakan Calhanoglu. Ci si è accorti, sempre con colpevole ritardo, che chi al Milan c’era già può rappresentare il futuro del movimento calcistico italiano come Alessio Romagnoli e Jack Bonaventura o di come un elemento come Suso rappresenti, a pieno merito, uno degli esterni destri più forti d’Europa.

Bastava dunque così poco per oggettivare qualcosa che, a pensarci bene, sarebbe dovuto apparire scontato sin da subito? Quelli che fino all’altro ieri erano campioni o futuri fuoriclasse, ieri erano diventati brocchi e oggi tornano ad avere un valore positivo perché adesso il Milan sta cominciando ad ingranare. Un’analisi errata e di parte che non ci apparterrà mai perché, se il calcio è strettamente legato all’aleatorietà dei risultati, l’essere umano viaggia e deve viaggiare su un binario diverso: quello dell’onestà intellettuale che non fa e disfa a proprio piacere ma che mantiene e deve mantenere una propria coerenza a prescindere dal numero di copie vendute o dalle esigenze editoriali di un direttore dalla morale forse integerrima ma dal portafogli mai troppo gonfio.

Forse qualcuno si sentirà punto o stizzito da queste parole ma non siate preoccupati, prendetelo piuttosto come lo sfogo di chi, e cito, ha tanto tempo e pure il lusso di sprecarlo.
Per tutti gli altri, Forza Milan!

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