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Tonali: «Ora sono da Milan. Da Baresi a Ibra, vi dico tutto»

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Sandro Tonali, centrocampista del Milan, si è raccontato a la Repubblica. Da Baresi a Ibra passando per gli obiettivi stagionali ecco le sue parole

Sandro Tonali, centrocampista del Milan, si è raccontato a la Repubblica. Da Baresi a Ibra passando per gli obiettivi stagionali ecco le sue parole:

CHAMPIONS MERITO DELLA CRESCITA? – «Tanto. Alza i ritmi di gioco, ti costringe a un’intensità, diversa dal campionato, che tu poi ti ritrovi per le partite successive. Il difficile è mantenerla per tutta la stagione».

MODELLI GATTUSO-PIRLO-MODRIC-INIESTA – «Mi riferivo, più che al singolo giocatore completo, a qualche caratteristica di ognuno».

FASE OFFENSIVA E DIFENSIVA – «Da inizio stagione lavoro molto sulle due fasi, offensiva e difensiva. Non mi sono mai cronometrato, ho visto distrattamente qualche analisi contro la Fiorentina: diciamo che sono un falso lento».

PARAGONE CON BARESI – «Lo so, l’8 maggio 1960. Non ne ho mai parlato con lui, ma me l’avevano fatto subito notare e mi è rimasto in mente. In effetti mi lusinga.Sotto alcuni aspetti le origini aiutano: quando entri in ambienti nuovi come Milanello, hai una concentrazione diversa. Sono difficoltà che non incontra chi è cresciuto nel Milan o in una città grande. Ma io sono uscito da tempo dalla campagna, non potrei più tornare indietro».

INTERNET – «Ormai Internet e i social sono davvero la base. A parte i calciatori, col web c’è chi ci vive e ci lavora. Non possiamo più farne a meno».

PAROLE INFANTINO – «Ne parlavamo nell’ultimo ritiro a Coverciano, il progetto ha pro e contro: più presenze in Nazionale, che è il sogno di ogni calciatore, ma tanti impegni e meno giorni di riposo. La bellezza di un Mondiale è anche averlo ogni 4 anni: aspetti tantissimo quel momento e lo assapori».

ORATORIO – «Sì, mi hanno quasi cacciato. Ero uno dei più piccoli, per come è andata, è stato un bene così».

SCUOLA CALCIO LOMABARDIA 1- «A Milano, quartiere Barona. Io sono figlio della scuola calcio e non lo dimentico: dà più insegnamenti tecnici e tattici. Però quello di strada è un calcio naturale, ora ci vuole più tempo per tirare fuori certe doti».

STADI VUOTI – «Lo abbiamo capito in quella fase: c’era il lockdown, c’era il Covid. E c’era il calcio, fondamentale per la gente. Le partite, con le giuste precauzioni che ancora stiamo prendendo, hanno contribuito a una vita meno pesante».

FIDANZATA- «Prima stavamo poco tempo insieme e abbiamo vissuto ogni giorno accanto: ad alcuni può fare piacere, ad altri meno. A me è andata bene».

ATTIVISMO SOCIAL – «Coi social qualsiasi persona è più attrezzata e informata, sa dove girarsi. I social hanno una parte buona. Poi si possono avere opinioni diverse, io rispetto quelle di tutti».

SCAMBIO MAGLIA RACCHETTA CON SINNER – «Non l’ho usata ancora, non sono bravissimo a tennis».

DJOKOVIC – «Ho seguito poco, ma ho capito che è difficile praticare sport agonistico o fare certi tipi di lavoro, senza precauzioni adeguate».

GALLINARI – «Con Danilo ci sentiamo, guardiamo le rispettive partite. Lui è milanista, ci siamo scambiati la maglia».

SANDRO BAMBINO – «Nelle partitelle 5 contro 5, che finivano magari 10-10, io ero attaccante ma facevo più assist che gol. Così mi hanno spostato più dietro. Quando andavo ad allenarmi a Milano e mi portavano i miei genitori, c’era anche mio fratello, 3 anni più grande. Mi ha aiutato tanto averlo accanto».

PRIMO MILAN JUVE – «Ero troppo piccolo. Ma ricordo con la Lazio un gol a giro di Kakà, tornato al Milan».

IBRAHIMOVIC – «Fortissima: in un attimo passi da tifoso a compagno, due cose completamente diverse. Devi saperle gestire e scindere, all’inizio resti a bocca aperta e rischi di deconcentrarti. Ci sono riuscito dopo il primo mese».

PIOLI – «Mi mancava l’1% che mi faceva stare dentro il gruppo. Lui mi ha martellato sul lavoro, glielo devo riconoscere, avevo passato un anno difficile e abbiamo fatto come se non ci fosse stato. Tenere duro non è solo una mia caratteristica, è una dote necessaria nel calcio. Senza determinazione, senza voglia di riscatto, non puoi sfondare».

RISCATTO SCUDETTO – «Dentro ogni partita ce n’è sempre un’altra, si è visto lunedì. Con la Juve sarà diversa: la sconfitta con lo Spezia non cambia il nostro approccio, fatto di forza e lucidità. Anche se non lo vogliamo dire, sappiamo che le prossime sono due partite fondamentali».

MILAN SPEZIA – «Non possiamo tornare indietro: fa male, erano 3 punti essenziali. Però non è un episodio che ci cambierà».

NAZIONALE – «Sapevo che non sarei rientrato tra i convocati, dopo la mia annata. Non l’ho presa come bocciatura, ma come stimolo per lavorare ancora meglio in estate. Il centrocampo della Nazionale è ricco e giovane. Dovrebbe essere sempre così, l’Italia ha bisogno dei giovani: stiamo tornando a essere un gruppo di 40 giocatori competitivi».

PORTOGALLO – «Nel 2018: sconfitta dolorosa, ne parlavo con Rafa. Ma abbiamo dimostrato di essere una grande Nazionale. Ci scherziamo sempre: lui è un punto di forza del Portogallo, speriamo di non trovarlo devastante come in questo periodo. Io vorrei portare a nonna Biagia una mia maglietta azzurra dal Qatar, per la sua collezione. Quella del Mondiale le manca».

FAVOLA MILAN – «Sì. Nel frattempo sono andato avanti. Ma tutto è successo per colpa di una favola».

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