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Pobega: «Dalla Ternana al gol in Champions col Milan, vi racconto tutto»

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Tommaso Pobega, centrocampista del Milan, si è raccontato in una lunghissima intervista ai canali ufficiali del club rossonero

Ospite a “Homegrown”, format di Milan TV, Tommaso Pobega si è concesso per una lunghissima intervista:

GOL IN CHAMPIONS E GATTUSO: «Gol in Champions? Il primo lo abbiamo fatto, adesso pensiamo agli altri. È stato un processo lungo, formativo. Sono arrivato nel 2014 che avevo 14 anni, mi sono presentato in convitto. Ho iniziato al Vismara con i Giovanissimi Nazionali e ho fatto tutto il percorso come di consueto. La cosa che ho notato che quando ho fatto lo switch, che sono cambiato come persona è stato all’ultimo anno di Primavera, quando abbiamo avuto Gattuso i primi 3-4 mesi. Mi ricordo che lui è stato uno switch per la prima volta siamo stati trattati da uomini e da giocatori, con anche la responsabilità che questo comporta. Ci concedeva più libertà però poi le richieste erano più alte e questo ci ha responsabilizzato, ci ha fatto crescere molto. È stato propedeutico a quello che sono andato a fare gli anni dopo, a rapportami con un mondo di adulti, con compagni di squadra che avevano già anni di carriera. Ripensandoci dico sempre che per me è stata un’enorme fortuna che mi ha fatto maturare tantissimo. Io sono venuto qua a Milano che ero ancora più bambino che ragazzo. Avevo 14 anni e non ero ancora sviluppato, ero molto piccolo, ero un bambino molto loquace ma anche un po’ spaventato da alcune cose. Mi ha fatto crescere moltissimo perché arrivi in una città nuova e grande, in cui devi rapportarti con 40-45 ragazzi in convitto, che arrivano da paesi diversi d’Italia o addirittura da nazioni diverse. Ho avuto la fortuna che qui c’è un bellissimo staff, a livello di tutor e di aiuti che ci sono al di fuori del campo che mi sono serviti veramente tanto. Ti fanno vivere un mondo anche diverso dal calcio, per non essere immerso solo in questo mondo ma anche per staccare un po’. Al primo anno non giocavo mai, ero un po’ indietro fisicamente, e non è facile. Sono stato bravo e fortunato, mi è stata data molta fiducia. Anche al di fuori avere un supporto che ti facesse vivere altri ambienti».

FAMIGLIA: «Penso di avere un bellissimo rapporto. Magari non comunichiamo tanto ma siamo molto legati, quando c’è la necessità ci siamo sempre. All’inizio è stato un po’ un trauma, soprattutto per mia mamma. Vedere il figlio di 14 anni che va a Milano è stata dura».

ESORDIO: «Era il Milan di Montella, era durante una delle soste per la nazionale. Mi ricordo che con diversi ragazzi della Primavera siamo andati come aggregati. C’era quest’amichevole in trasferta e ci ha portato, già lì fare una trasferta con la prima squadra è stata un’emozione… Avere la maglietta, con il nome… Iniziavo il riscaldamento, stadio bellissimo, ero un po’ agitato. MI ha fatto entrare negli ultimi 5 minuti ed è stata una bella emozione. La prima maglietta ufficiale, ce l’ho a casa insieme ad altre. Esordio in Nazionale al posto di Tonali? Una bella cosa, anche per tutto il movimento e per il Milan in sé. Avere giocatori italiani, giovani, che riescono ad andare in nazionale a giocare è sempre una cosa bella. Con Sandro ho un bel rapporto, si sta bene, c’è anche un’amicizia al di fuori del campo. Fa solo che piacere condividere questi momenti insieme. Italia? È sempre un discorso un po’ delicato e in questo periodo se ne parla tanto. Secondo me non è che non ci sia talento, non è che non ci siano giocatori, non è che non nascano più è solo questione a volte di saperli aspettare al momento giusto o a capire quali sono le necessità che hanno questi giocatori per valorizzarsi al massimo. Io stesso comunque ho dovuto fare un percorso per crescere sempre di più anno dopo anno. Forse questa è la cosa più importante che sarà da fare con l’Italia».

DALLA TERNANA AL TORINO: «Credo che sia stata tra le prime esperienze in cui le cose non sono andate così tanto bene. A livello di squadra abbiamo avuto diverse difficoltà dovute anche ad un periodo di contestazione da parte dei tifosi. Un impatto a 360 gradi con il calcio da prima squadra: tifosi, critiche… Mi ha fatto maturare di sicuro. È stata una bellissima esperienza, nettamente più vicino a casa. Ho trovato un bellissimo gruppo che veniva dalla vittoria della Serie C. Erano un gruppo molto affiatato, quindi il direttore, il mister ed il presidente hanno cercato di non toccare troppo l’asse della squadra. Siamo riusciti a fare un bellissimo campionato che ci ha portato ad essere quarti in classifica e a giocarci i playoff sfiorando la Serie A. Ho trovato un mister come Tesser che mi ha dato grande fiducia e mi ha fatto crescere molto a livello di campo, facendomi prendere molte più responsabilità e rendendomi più cinico nel raggiungere la vittoria. Un anno che mi è rimasto molto. Ogni allenatore mi ha lasciato qualcosa, ogni anno è stato di crescita non solo di categoria ma tecnico ed umano. È stato il mio primo anno in Serie A, il primo anno in cui affronti davvero il calcio che sogni da bambino, gli avversari che vedevo in televisione. Ho avuto un mister competente come Italiano che ha permesso a me e a tutta la squadra di cercare di togliersi quelle tensioni e quella difficoltà da esordiente e di giocare a viso aperto ogni partita. Era importante dare tutto e dire di essersela giocata, ci ha aiutato nel crescere e siamo riusciti a raggiungere una salvezza che non era per niente scontata. È stato un successo. Allenatore diverso rispetto a Italiano, ma molto simile come voglia di affermarsi. Sono due allenatori intensi. Italiano mi ha dato qualcosa di più tecnico, Juric di intensità e lavoro. Devi essere pronto mentalmente e fisicamente per giocare uno contro uno. L’ambizione? Quella è sempre stata alta. Me la sono giocata senza paura».

PIOLI: «L’avevo già conosciuto durante i ritiri. C’è sempre stata una gestione positiva del gruppo, in cui si lavora davvero bene. L’anno scorso mi aveva detto che avevo fatto una buona scelta con il Torino e che avrei trovato un mister che mi avrebbe aiutato a crescere. Con Pioli ho un buonissimo rapporto, mi consiglia dove poter avere un miglioramento che deve essere costante, oltre alla gestione del gruppo che è ottima: capiamo quando andare forte e quando recuperare meglio».

IDOLI: «LeBron da quando sono piccolo, da quando ho iniziato a seguirlo, era tra i top. Mi sono perso i primi anni, ma quando posso registro o guardo le partite. Non ho mai avuto un idolo come caratteristiche, ma da piccolo avevo questa passione per Schweinsteiger. Quando vedevo le sue partito, mi cadeva l’occhio su di lui. Al Milan mi ha incuriosito Ibra: volevo vedere da vicino i particolari come in palestra, cosa fa per essere così forte e così prestante. All’età che ha non è usuale vedere giocatori così costanti».

MAIGNAN: «Mi ha colpito Maignan, non lo conoscevo. Non sono uno che segue i campionati stranieri, quindi, quando è arrivato, non lo conoscevamo così bene; è stata una enorme sorpresa anche a livello umano».

CONSIGLIO AI GIOVANI: «Mi sono preso un anno libero, poi ho iniziato la carriera universitaria nella facoltà di economia aziendale. E’ sempre incerta la carriere del giocatore, quindi ho detto: “un percorso voglio farla, mal che vada un attestato ce l’ho”. Poi se in futuro decidessi di smettere, un piano B ce l’ho. Una cosa che negli anni ho sempre pensato e quella di non trovare mai alibi. Negli anni troverai sempre il periodo che non giochi, e tu, in prima persona, saprai come stanno andando le cose realmente. Non trovare alibi significa migliorarsi».

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