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Piatek al settimo cielo: «Seedorf e Sheva si sono voluti fare una foto con me. Morata mi ha scritto»

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Piatek è entusiasta del proprio inizio al Milan e dell’essere stato accostato a nomi che hanno fatto la storia del club rossonero

I numeri di Piatek e i video dei suoi gol stanno facendo il giro del mondo, il neo-centravanti del Milan ha avuto un approccio senza eguali in rossonero realizzando 3 reti in soli 181 minuti disputati. Intervistato da Foot Truck, Piatek ha così raccontato la sua prima volta a San Siro: «Avevo le cuffie e tutti i giocatori di riserva si sono seduti in panchina, sono entrato da solo in campo. Sento l’applauso, tolgo le cuffie e tutti: wow! Ho applaudito anch’io e l’atmosfera è cresciuta. Un’emozione incredibile, i tifosi hanno salutato così un nuovo giocatore, che non ha ancora fatto niente per il club. È stato un passo avanti nella mia carriera».

I SUOI RITUALI – «Ero così concentrato che non sentivo le urla dei fan. Solo prima della partita, quando ero ancora nel tunnel e lo speaker recitava i cognomi. Quando so di giocare dal primo minuto, non esco sul campo prima del riscaldamento. Sono i miei rituali. Però se sono in panchina, sono più rilassato e vado a vedere la tribuna».

L’ESULTANZA – «In Polonia non c’era, non era preparato. Giuro che dopo aver fatto il secondo gol ho fatto il gesto ed è rimasto così. Dopo è diventato un mio talismano, la serie dei gol è stata fantastica. La gente in Italia è impazzita». 

L’EFFETTO MILAN – «Seedorf ha chiesto di fare una foto. È fantastico che gente del genere mi riconosca, vuole parlare con me. Come Shevchenko nello spogliatoio prima della partita col Napoli. Dopo la firma del contratto ho avuto un messaggio da Alvaro Morata: ha scritto che mi osserva, che mi augura buona fortuna. Anche questo è fantastico».

IL GOL – «Dopo il primo allenamento in Italia mi sono detto: se faccio 12 gol in questa stagione, sarò contento. Ma l’appetito vien mangiando. Devo lavorare duro ogni giorno, in ogni allenamento, e alla fine ci saranno i risultati. Non importa se gioco a San Siro o per il Cracovia o per la Nazionale polacca».

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