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Morace: «Preoccupata per il futuro del calcio femminile. Ecco perché»

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Carolina Morace ha parlato del futuro del calcio femminile e dell’attuale stagione agonistica: ecco le sue parole

Intervistata da JuventusNews24, Carolina Morace, ex allenatrice del Milan femminile, ha parlato della situazione del calcio femminile, alle prese con l’emergenza Coronavirus e su quali misure dovrebbe adottare la Figc: «Non è questo il mio ruolo. Mi aspetto però che qualcuno indichi la strada per le società e per le giocatrici».

Il protocollo della Figc per la ripresa degli allenamenti le sembra attuabile in Serie A femminile?

«Nella Serie A femminile un protocollo del genere è impensabile. Nessuno parla del calcio femminile ma lo sanno tutti che è impensabile, la Serie A femminile non ha le forze economiche né è stato messo in budget un evento del genere. Mi viene da ridere pensare che anche laddove le società professionistiche abbiano centri sportivi, non le dividerebbero con le squadre femminili, per cui per il femminile non c’è assolutamente nulla».

Lo scudetto andrebbe assegnato?

«Non lo so, ma le premesse per far ripartire il calcio femminile non ci sono. Se ripartisse il calcio femminile tutti gli altri sport si lamenterebbero e avrebbero ragione. Il rischio contagio è troppo alto. Laddove ci sono problemi di sopravvivenza del calcio italiano bisogna fare il tutto per tutto, magari rischiando un po’. Ma credo che il Governo stia prendendo tempo anche perché non siamo fuori pericolo e se ci fosse un contagio cosa si fa? Si dovrebbe interrompere tutto. Allora vedere questo nel femminile sarebbe assurdo. Se il rischio può esserci per il maschile… Per una questione anche di etica morale i calciatori stanno cominciando a dire: “Fanno i tamponi a noi, e gli altri?”. Leggevo le parole di Gravina: a fronte di tanti tamponi i club dovrebbero acquistarne il doppio per farli fare alle persone che hanno bisogno e questa la ritengo un’iniziativa intelligente».

È preoccupata di un eventuale stop del passaggio al professionismo?

«C’è un semplice decreto fiscale fatto sulla Legge di Stabilità. Si è parlato di professionismo che non c’entra nulla perché questo emendamento prevede il pagamento tre anni di contributi del Governo alle giocatrici. Dopo questi tre anni, chi pagherà questi contributi? Il diventare professioniste dipende dalla Figc, che deve dire sì. È chiaro che ci sono dei costi di sostenibilità. Ci sono diversi campionati professionistici per i maschi e nemmeno uno per il femminile. Non c’è sostenibilità neppure per la Lega Pro che ha un costo altissimo. Nel femminile non ce n’è uno. I numeri del calcio femminile sono troppo bassi».

Negli ultimi anni mediaticamente il calcio femminile ha conosciuto uno sviluppo importante. Qual è stata la vera svolta?

«Sky e Tuttosport, che parlano sempre di calcio femminile e sono sempre sul pezzo. E il fatto di aver fatto i Mondiali in quel periodo. Società maschili professionistiche? Anche questo è stato assolutamente un grande incentivo per il calcio femminile, un grosso passo avanti».

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