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Baresi a Sky Sport: l’intervista integrale della leggenda rossonera

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Nel giorno del suo sessantesimo compleanno, Franco Baresi si è concesso ai microfoni di Sky per parlare del passato e del futuro del Milan

Un giorno nel segno del 6, il numero di maglia che ha reso Franco Baresi eterno nel cuore dei tifosi rossoneri, e il “6” che rappresenta la decina raggiunta dal leggendario capitano rossonero che oggi compie 60 anni. In occasione di questa importante ricorrenza Franco Baresi ha deciso di concedersi ai microfoni di Sky Sport, questa mattina a la Gazzetta, che direttamente da Casa Milan celebra il compleanno della storica bandiera milanista.

SUL MILAN – «Picinin è stato il soprannome affibbiatomi da un vecchio massaggiatore del Milan tanti anni fa, Paolo Mariconti. Il Milan è una vita e una passione, per me è una seconda famiglia: sono arrivato da adolescente e sono cresciuto diventando un giocatore e oggi un dirigente. Devo tutto al Milan che mi ha permesso di vincere ogni tipo di trofeo, è stato un privilegio per me. Ringrazio tutti e in primis il popolo rossonero che mi ha sostenuto sin dal primo giorno». 

SU COSTACURTA – «Costacurta è arrivato giovanissimo e poi si è guadagnato tutto, giocare nel Milan non è mai semplice occorrono qualità importanti. Ma assieme abbiamo vissuto tantissimi anni come reparto ma anche fianco a fianco».

SU FILIPPO GALLI – «Filippo Galli è stato importantissimo, con lui ho vissuto anche anni meno belli. È arrivato prima di Paolo e di Billy, fu un modello per me e ci diede una grossa mano nella finale del ’94 quando Billy e io eravamo squalificati. È stato un grosso dispiacere non giocare quella finale ma andò molto bene ugualmente».

SULLA TRAPPOLA DEL FUORIGIOCO – «Ero legato al guardalinee. In una partita in casa con il Real Madrid abbiamo fatto scattare 24 fuorigioco, forse un po’ esagerammo (ride, ndr)».

I MOMENTI MEMORABILI – «Ci sono stati diversi momenti che hanno cambiato la mia carriera: a 22 anni quando vestì per la prima volta la fascia capitano, forse non ero ancora pronto per farlo ma ho imparato strada facendo. Il secondo momento è stato l’arrivo di Silvio Berlusconi, abbiamo avuto la fortuna e il privilegio di averlo per 30 anni: è stato lungimirante, visionario e ambizioso. Lo scudetto del primo anno di Sacchi è il terzo momento: è stato l’inizio di un ciclo incredibile, una delle squadre migliori della storia».

SU SACCHI – «Ha portato una cultura del lavoro e una filosofia che noi non pensavamo di poter raggiungere. Grazie a lui siamo riusciti non solo a vincere ma anche ad emozionare. Abbiamo avuto nel mister una guida molto importante».

DERBY DA INFORTUNATO – «Giocai un derby con la mano rotta, ricordo che riuscì ad intervenire su Klinsmann che però non prese la palla e mi pestò il braccio. Mancavano dieci minuti alla fine della gara, non credevo fosse rotto e conclusi la partita. Poi dai raggi si appurò».

SULL’ESSERE CAPITANO – «Vivere lo spogliatoio in quegli anni non fu difficile mai per me. Non sono mai stato particolarmente “ciarliero”, ma ho sempre pensato che fosse utile per i miei compagni vedere il capitano come un modello e lo dimostravo ogni giorno in allenamento. Per il resto ho avuto dei compagni di un livello di professionismo altissimo».

SUI TIFOSI DEL MILAN – «Abbiamo sofferto tutti insieme e poi abbiamo vinto tutto. E’ nata una vera e propria simbiosi quella tra me e il popolo rossonero che è iniziata sin dal primo giorno». 

SUGLI ANNI DI B – «Ero molto giovane, non so se fossero arrivate delle offerte ma comunque non le avrei prese in considerazione. Mi hanno dato la fascia e hanno costruito un nuovo progetto tecnico su di me. Mi sentii molto responsabilizzato». 

SU MAURO TASSOTTI – «Con Mauro ne abbiamo vissute tante, anche lui ha vissuto qualche annata non felicissima ma poi ha saputo esprimere tutte le sue qualità sia tecniche che umane».

SULLA FINALE DI USA ’94 – «Mai avrei pensato di poter giocare. Mi ruppi il menisco alla seconda partita e mi cadde il mondo addosso perché sapevo che sarebbe stato il mio ultimo mondiale. La squadra fu incredibile riuscendo ad arrivare alla finale e mi venne data l’occasione di giocare, mi preparai con pochi allenamenti ma avevo dentro di me tanta voglia di fare bene, non volevo e non potevo deludere».

DIFFERENZE TRA IL SUO CALCIO E QUELLO ATTUALE – «Il calcio è cambiato tanto ma più fuori dal campo che dentro. Con l’avvento di internet, dei social è venuto un po’ meno il rapporto umano».

SUL MILAN ATTUALE – «Speriamo che il Milan attuale possa tornare al vertice come ai nostri tempi».

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