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Buffon ricorda Manchester 2003: «Non pensavo di perdere. Vi racconto i rigori di Seedorf, Nesta e Shevchenko»

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Gianluigi Buffon, portiere del Parma ed ex Juve, è tornato sulla finale di Champions persa a Manchester nel 2003: il suo ricordo

Nel Docufilm di DAZN, “Stavamo bene Insieme”, Gigi Buffon è tornato a parlare della finale di Champions del 2003 a Manchester tra Milan e Juve:

INGRESSO IN CAMPO: «Ero quasi vicino a Paolo perché lui era il capitano e io il portiere e venivo appena dopo il capitano, e dissi: “Ciao Paolino, che bello vederti! Guarda che bella giornata – perché a Manchester c’era un sole bellissimo – e che bellissimo pubblico”. Poi c’era la coppa davanti e ho detto: “Speriamo che lei scelga me e non scelga te”. E di fatti la sua reazione fu così attraverso la coppa, come per dire: “No, scegli me” e io faccio: “No no, vedrai che arriverai nelle mie mani”. Parata su Inzaghi? Una partita così importante… riuscire a trovare lo spazio per fare una parata di questo tipo è un qualcosa di molto esaltante. Questa parata vale un gol, sì».

PENSIERO PRIMA DEI RIGORI: «Se dovessimo andare ai rigori possono tirare Pirlo e Rui Costa, poi una volta sostituiti quei due dico: “E chi cazzo tira?”. Sinceramente non avevo idea, a parte Shevchenko che si poteva immaginare. Pensavo “Vinciamo! Ne parerò uno o due e vinciamo la coppa. Non avevo messo in preventivo di poter perdere».

RIGORI DI SEEDORF, NESTA E SHEVCHENKO: «Battezzai quel tipo di angolo secondo la rincorsa in quel momento di Seedorf e altre piccole cose. Ricordo che calciò bene ma feci una parata impegnativa. Per me era una segnale importante che davo alla squadra. C’è un qualcosa, credetemi, di sovrannaturale. Sandro batte il rigore, io lo intuisco e per cui vado sulla palla con la certezza quasi totale di aver parato il rigore. Mentre la palla arriva ha un cambiamento quasi impercettibile, come se si alzasse e allargasse negli ultimi due metri, cosa che su un rigore non capita mai. Io praticamente mi ritrovo con un pugno di mosche in mano e la palla dentro. Quello per me è stato uno shock. Tant’è che poi, anche nel rigore successivo di Sheva, chiaramente l’ho fatto perché non potevo scappare, però non ero in una condizione psicologica e mentale di poter mettere il mio 100% anche su quel rigore lì. Era molto teso, come è normale che sia per un rigore così importante, e poi è stato bravissimo perché è un campione e ha meritato di vincere e di fare gol».

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